Cervelli in fuga? Meglio che rimangano dove sono! Da una domanda che la giornalista del Carlino e di Bellestorie.it Anna Marchetti rivolge al ministro Poletti, si scatena la polemica nazionale. E’ una frase infelice? E’ stato preso un concetto senza tener conto del resto delle frasi pronunciate dal ministro del Lavoro? Ai lettori il giudizio finale…
Se i cervelli in fuga sono tutti geni, quelli che rimangono son tutti “pistola”?

Lunedì 19 ottobre, sono quasi le 14 quando il ministro del Lavoro Giuliano Poletti arriva a Fano, al ristorante Pesce Azzurro. Lo attendono i rappresentanti del mondo del lavoro e della cooperazione, l’incontro è stato organizzato dal Partito Democratico di Fano
Prima il ministro scambia qualche battuta con la stampa locale. I giornalisti incalzano su Jobs Act, Vaucher, scuola-lavoro, ma è sui cervelli in fuga che il Ministro scivola nella polemica. Polemica che rimbalza a livello nazionale scatenando reazioni indignate con diversi esponenti politici che chiedono le sue dimissioni.
Ministro, il governo come pensa di invertire la tendenza dei giovani che fuggono dall’Italia per cercare lavoro all’estero?
“Per prima cosa bisogna correggere l’opinione secondo la quale quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. E’ come dire che i 100 mila che se ne vanno sono bravi e intelligenti, i 60 milioni che rimangono sono tutti “pistola”. Permettetemi di contestare questa tesi. Io conosco gente che è andata via ed è bene che rimanga dov’è andata, perché il paese non soffrirà moltissimo a non averli più tra i piedi.”
Queste le parole sui cervelli in fuga dall’Italia, parole che scateneranno un putiferio, facendo il giro di tv, radio, giornali e siti nazionali, ma poi Poletti completa il suo intervento: “E’ bene che i nostri giovani abbiano la possibilità di andare in giro per l’Europa e per il mondo, ma deve essere una opportunità, una libertà che gli viene riconosciuta, poi devono poter tornare in Italia perché il Paese offre loro capacità competenza e saper fare”.
La ricetta del ministro per creare occupazione “è far crescere le imprese”. “Non c’è altro modo – spiega – non esiste una legge che possa creare lavoro”.
Nessun dubbio sul Jobs Act che il ministro considera “una buona legge che ha prodotto un risultato importante con l’incremento degli interventi internazionali nel nostro paese. E’ una legge che fa e ha fatto bene all’Italia, ma come tutte le leggi va valutata nel tempo e in ragione dei risultati che produrrà. Se emergeranno problematiche interverremo. Così come abbiamo inserito elementi di correzione per i voucher“.
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Il Ministro parla ancora di giovani, non più dei cosiddetti cervelli in fuga, ma degli studenti e fa riferimento all’alternanza scuola-lavoro e all’obbligo per gli allievi delle scuole superiori di svolgere da 200 a 400 ore di esperienza dentro le imprese. “E’ necessario – afferma – riconnettere la scuola con il lavoro, che vuol dire imparare studiando e imparare facendo: un passaggio culturale fondamentale”.
Criticato dal Ministro anche lo smantellamento degli istituti professionali e degli istituti tecnici trasformati in licei, senza più laboratori “quando l’ossatura di questo paese continua ad essere la manifattura”. A questo proposito ricorda l’importanza dell’iniziativa “Crescere in digitale” per avvicinare i giovani alle imprese artigiane e consentire a queste ultime, utilizzando la cultura informatica delle nuove generazioni, di stare sui mercati mondiali.
PHOTO STORY Flickr: la visita a Fano del ministro del Lavoro Poletti
A pranzo nel ristorante Pesce Azzurro della cooperativa pescatori Coomarpesca







